Pescara Hardcore Movement: Ivan Di Marco [intervista]

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Ivan Di Marco live con gli Straight Opposition

Abbiamo fatto due chiacchiere con Ivan Di Marco, musicista hardcore pescarese, agitatore culturale e fondatore del Pescara Hardcore Movement.

SUB.it: Ciao Ivan, parlaci del Pescara Hardcore Movement e della scena hardcore pescarese?

Ivan: ciao Subcity.it, in realtà il Pescara Hardcore non è un movimento, ma semplicemente un gruppo di amici desiderosi di vedere qualche concerto Hardcore a Pescara composto da me e Luca di Simone, ex Straight Opposition ora emigrato in Belgio. La scena Hardcore pescarese ha sempre avuto alti e bassi. La prima ondata Hardcore pescarese c’è stata nel 1995 con Emilio Fasciani ed altre persone che organizzavano serate all’Altracittà, poi diventato Wake Up. Nel periodo tra il 1995 e il 1997 Andrea Sestri dei When Mind Reflects ha dato energia alla scena organizzando numerosi concerti. La seconda ondata di concerti, se non vado errato, è stata organizzata negli anni che vanno dal 1997 al 1999/2000 dalla Crew dei Dissesto e da Paolo Visci. Dal 2001 al 2005 c’è stato un periodo di crisi della scena e di Hardcore a Pescara si è parlato veramente poco, vuoi perché non c’erano band, vuoi perché non c’erano locali. Questo brutto periodo è stato seguito dagli anni d’oro dell’hardcore a Pescara, quelli cha vanno dal 2005 al 2009/2010.

SUB.it: com’è nato il Pescara Hardcore Movement?

Ivan: nel 2004 abbiamo cominciato ad utilizzare il sottotitolo “Pescara Hardcore” ai concerti degli Straight Opposition. Non che ci consideravamo l’Hardcore di Pescara, sia chiaro. Lo scopo era semplicemente quello di ricreare delle situazioni di aggregazione giovanile attorno a tematiche di impegno civile e buona musica: quando abbiamo cominciato a suonare con gli Straight, un po’ di gente ritornava a parlare di hardcore, questo era il nostro scopo. In realtà, molti erano metallari, altri rapper, altri ancora si ispiravano al crossover, ma erano vicini al genere e alla sua attitudine. Il Pescara Hardcore Festival numero 0 si può far risalire al 25 marzo 2005 quando al Bacab di Pescara io e Luca organizzammo una serata di sensibilizzazione sulla questione di Federico Aldrovandi, coinvolgendo alcuni gruppi da fuori e delle band locali: nonostante l’ingresso a due euro, fu il pienone. La serata fu un successo, soprattutto perché, arrivata la polizia a mezzanotte per interrompere tutto, il Festival si trasferì in carovana all’Orange, con scene indimenticabili di persone che portavano piatti della batteria, amplificatori e quant’altro sul ponte risorgimento di Pescara. Le 100 persone rimaste fuori dall’Orange, il locale dove concludemmo la seratat, guardavano dalla porta i fortunati che riuscirono ad entrere: una folla iper-eccitata che pogava e urlava, un massacro, una cosa mai vista a Pescara.

SUB.it: in che spazi realizzaste gli altri Pescara Hardcore Festival?

Ivan: dopo questa serata capimmo che si poteva fare un festival interamente dedicato all’ Hardcore e ai derivati (punk, rap, metal-core, queste cose qua); lo Spazio Serra diventò effettivamente la base dei quattro Pescara Hardcore Festival organizzati tra il 2006, anno del Pescara HC numero 1, e il 2009, anno del quarto festival in cui, tra l’altro, suonarono gli Strenght approach. La filosofia era la seguente: musica hardcore in tutte le sue varianti, quindi dal punk al crossover, passando per il metal. Mentalità Do It Yourself, no lucro e tanto divertimento. Avevamo deciso di mettere gli ingressi a solo 2 euro, con il ricavato rimborsavamo le band. I proventi del bar li utilizzavamo per remunerare il proprietario del locale, a cui non chiedevamo nulla in cambio.

SUB.it: avete sempre utilizzato l’autofinanziamento?

Ivan: si, con i concerti si, ma parlare di autofinanziamento è un parolone, facevamo il festival e con quello che usciva dalla cassa all’entrata pagavamo i gruppi, insomma andavamo avanti con i 2 euro di sottoscrizione. Al quarto Pescara Hardcore abbiamo osato mettere la sottoscrizione a 3 euro, e in quel caso c’è stata gente che ha avuto da ridire.

SUB.it: e poi come siete andati avanti?

Ivan: nel 2009 abbiamo organizzato il Pescara Hardcore United, concerto benefit per l’associazione aquilana Epicentro solidale, questo è stato l’ultimo festival organizzato allo spazio Serra. Un altro Pescara hardcore, il quinto, si fece al Rock House, e lì dovevamo fare il botto perché avevamo chiamato i No turning back, un gruppo famosissimo in Europa che avrebbe dovuto fare il pienone. Dieci giorni prima, quando noi avevamo già sparso la voce e stampato i manifesti, l’agenzia di booking decise di cancellare la data e allora Paolo Visci ci manda gli USA is a monster, un gruppo indie storico della sua agenzia. In quel caso ci fu una fusione con un genere che non c’entrava niente, avemmo gruppi hardcore violentissimi prima e poi questi Usa is a monster, piuttosto delicati. Si creò una situazione strana perché il contrasto era troppo accentuato, e notammo un calo d’affluenza: dalle 250 presenze, si era scesi alle 150-160 persone.

SUB.it: Io ho notato dall’esterno che comunque il pubblico Hardcore ha una forte identità e rischia di essere un po’ rigido e quindi, se tu fai qualcosa al di fuori dell’etichetta HC, lo perdi subito. Da un lato questa forte identità è preziosissima ma dall’altro può risultare limitante, non credi?

Ivan: si, anche secondo me, infatti il nostro obiettivo è far partecipare più gente ai concerti, anche quelli a cui non piace l’hardcore. In questo modo riesci a far ascoltare questo tipo di musica anche a quelli al di fuori del giro, anche perché per me l’HC non è una nicchia esclusiva e mi piace fare dei festival in cui i generi si mescolano. E’ c’è anche da dire che se “facessimo i rigidi” a Pescara, vedremmo cinque persone sotto il palco. La mescolanza dei generi è comunque una tendenza di tutto il movimento Hardcore, infatti adesso è difficile dire cosa sia effettivamente hardcore e cosa non lo sia.

SUB.it: cosa è successo dopo il 2009 all’HC festival?

Ivan: Dopo il 2009 l’interesse attorno all’hardcore era sceso e noi abbiamo deciso di rallentare un po’ col Pescara HC movement e di dedicarci agli Straight Opposition, suonando dal vivo e registrando dei dischi. A questo aggiungici la chiusura di alcuni locali importanti per la scena e la solita mentalità “alla pescarese” per cui se fai delle cose, puoi facilmente cader vittima delle malelingue. Fa eccezione una bellissima serata con i Raw power all’Orange, 170 paganti con un biglietto di 5 euro, uno spettacolo! Vedevi la gente che faceva stage diving dal bancone. Oltre a questa felice parentesi, per un po’ di tempo non si è fatto un granché, a parte alcuni concerti con la sigla Pescara hardcore movement nei locali cittadini.

SUB.it: e come è (ri)nata l’ultima edizione, la numero 6, del Pescara Hardcore Festival?

Ivan: Il sesto Pescara Hardcore è nato dalla nostra mentalità di veder suonare gruppi hardcore in città e di dare un “posto fisso” alla cultura hardcore pescarese e grazie all’incontro con i ragazzi di Mutiny. Luca e gli altri ragazzi (Mutiny ndr) hanno voglia di fare e questo dà senso alla nostra collaborazione. Sto vedendo morire questa città e l’evoluzione del Pescara Hardcore potrebbe rivitalizzarla, magari io fra qualche anno sarò più coinvolto, però mi farà piacere se loro, sfruttando questi mezzi e quello che abbiamo fatto, porteranno avanti la scena hardcore e la cultura musicale a Pescara, magari anche meglio di noi.

SUB.it: parliamo di musica suonata, e registrata: quanto è cambiato l’hardcore dai Negazione ad oggi e per quali generi è passato, secondo il tuo gusto?

Ivan: più che altro ci sono diverse ramificazioni, c’è chi continua a fare l’hardcore stile Negazione che poi viene chiamato crust e considerato un hardcore old school, molto violento. Il crust è un genere che si suona negli squat e nei centri sociali. Poi c’è il filone americano a cui si rifanno anche gli Strenght approach, e noi (degli Straight opposition ndr).

SUB.it: chi è che fa crust in Italia, al momento?

Ivan: guarda, io ti posso parlare del mio gruppo preferito, gli Strange Fear, un gruppo old school di stampo americano, dal suono meno punkeggiante che io definisco “proprio hardcore”, band che sono riuscito a portare nell’Indelirium record, la nostra etichetta.  Invece, tra i gruppi old school/crust di stampo Negazione ci sono i Contrasto, ultrapoliticizzati e anarchici, che sento spesso suonare negli squat e  apprezzo molto.

SUB.it: l’Italia ha una forte tradizione Hardcore?

Ivan: l’Italia fa le cose e poi se le deve smerdare da sola, nell’hardcore come in altri settori! Allora, se ti capita di  leggere American hardcore (importante rivista sul genere ndr) e vedi i manifesti dei concerti storici, sotto a nomi come i Dead kennedys e altri ci scritto Raw Power, Italia. Quando parli col cantante dei Raw Power  ti spaventi per quello che ha da raccontare. L’hardcore italiano è arrivato in America nell’83, tutti quelli che adesso sono le leggende dell’hardcore americano tra l’83 e l’85 stavano sotto al palco dei Negazione, degli Indigesti e dei Raw Power, spesso in tour negli Stati Uniti. Leggendo alcune interviste al cantante dei Sick of it all, tempo fa, gli chiesero “Ma qual è l’hardcore che ti piace?” Lui rispose che aveva cominciato all’epoca andando ai concerti dei Bad Brain e dei Raw Power. Quindi bisognerebbe essere orgogliosi di quello che si è fatto in Italia.

SUB.it: e a Pescara prima c’erano gli spazi per suonare hardcore?

Ivan: guarda, questa è una domanda che dovrebbe aprire un caso, perché a Pescara non si fa hardcore e in altre città si? Perché l’hardcore e la cultura alternativa hanno spazio anche in città improbabili come Santa Maria Capua a Vetere, in luoghi che si trovano affianco alle ville dei camorristi? Semplicemnete perché a Pescara manca un centro sociale. E qua purtroppo bisognerebbe fare un discorso politico molto lungo e complesso.

SUB.it: e bisognerebbe parlare dell’indole democristiana del pescarese e del “partito della pagnotta”.

Ivan: e già!

 

 

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Di Andrea Di Nisio

Grafomane a piede libero. Dopo aver sfogliato tutti i Topolino di casa si dedicò al primo libro che gli capitò a tiro: Il Fu Mattia Pascal, un romanzo di de-formazione per un dodicenne come lui. Questa de-formazione lo convinse a cimentarsi con la scrittura: un paio di concorsi di poesie e poi i alcuni arditi racconti su CartaStraccia, fanzine underground. Ha scritto poi di musica per MusicClub e per Newsmag.it, di cronaca, cultura e attualità politica per PescaraOggi e CityRumors, due quotidiani web. E per il resto? Scrive contenuti per il web e cura blog aziendali.