Alessandro Lucci ci racconta l’evento di Domenica 2 Marzo presso la Badia Morronese di Sulmona (Aq). Una giornata dedicata alla conoscenza e allo scambio delle biodiversità abruzzesi: semi antichi autoprodotti, marze, lieviti e fermenti, mercatino dell’artigianato, seminari e laboratori tematici. Come dice Mario Dal Mare, citato da Alessandro nella sua intervista “la rete che supera le rate”.
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“Mi muovevo per casa al buio in cerca di fresco succo d’acqua per rielaborare l’arsura della notte. Inciampai in qualcosa che mi ero completamente dimenticato. Il tombolo della mia vecchia nonna. ”
Veloce corsa in bici, parcheggio, slalom tra i presenti, individuazione del luogo deputato alla presentazione, folla. Mentre mi aggiro ancora trafelata tra il pubblico delle grandi occasioni, curiosi, artisti e giornalisti, mi capita di riconoscere al volo un’opera tra le diverse selezionate per il Premio e con vero piacere apprendo della partecipazione di Gloria Sulli, giovane artista abruzzese che ha fatto della scultura in poliuretano e rete metallica il tratto distintivo della sua attività artistica.
Breathe, 2014, poliuretano e rete metallica
Nel frattempo è iniziata la cerimonia di premiazione con i saluti istituzionali e le formule di rito. Trovo posto sotto “Le Serpi” di Michetti, dove vedo proprio Gloria e posso così congratularmi per la partecipazione.
Finalmente la proclamazione: tra i diversi premi assegnati la Menzione speciale della giuria va proprio all’incredula Gloria Sulli presente con due opere: Breathe del 2014 e Battaglia con il Drago del 2013, quest’ultima già esposta nel 2013 presso l’Alviani Art Space diretto da Lucia Zappacosta in occasione della mostra “Animarium”.
Drachenkampf , 2013, poliuretano e rete metallica
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La Band milanese ci ha anche provato, in una situazione surreale in cui dalla platea si ascoltavano in playback muto i simpatici tentativi di Agnelli e compari di continuare a suonare: era quasi epico vedere Xabier Iriondo agitarsi in schitarrate scenografiche da stiloso animale da palco, arrivate alle nostre orecchie come le sommesse arpeggiate di un timido e ubriaco chitarrista da spiaggia. Dall’epica si è passati alla tragedia, quando le luci accese hanno sentenziato la fine del concerto. La tragedia si è tramutata subito in farsa, dalle italiche usanze alimentata: l’annuncio di una voce invisibile dal palco prolungatasi in scuse per poco precisati problemi tecnici, si è conclusa con un rimando al sito www.pescararock.it, indirizzo dove avere informazioni certe sul destino dei nostri dineri!
Molti di noi, poco soddisfatti delle informazioni ricevute, hanno iniziato a chiedere agli addetti ai lavori presenti sotto al palco, cosa era realmente successo e come l’organizzazione intendeva rimediare all’accaduto. E qua è iniziato il pogo: alcuni addetti ci hanno parlato di problemi tecnici riguardanti la parte di impianto fornita dal service degli Afterhours che, a quanto pare, viaggiavano a mezzo servizio, cioè si appoggiavano per metà alle strumentazioni degli organizzatori della data e per l’altra metà suonavano con le loro.
Questo problema tecnico sarebbe avvenuto a causa di alcune gocce di pioggia cadute sulla strumentazione degli Afterhours, parzialmente scoperta. Le gocce di pioggia sono state impercettibili e, inoltre, gli sbalzi di potenza si sono manifestati sin dalla seconda canzone suonata, sarebbe a dire prima dell’inizio di quelle rade goccioline di garbata pioggerellina estiva. E se la pioggia fosse caduta prima dell’inizio del concerto? In quel caso il service avrebbe avuto tutto il tempo di coprire la strumentazione, come genericamente accade. Insomma, oltre a queste parziali e poco credibili motivazione a caldo, gli organizzatori dell’evento hanno ritenuto superfluo uscire sul palco, faccia a faccia col pubblico, e dare una spiegazione quantomeno credibile, dell’accaduto. Inoltre, alcune ragazze che hanno assistito alla performance del secondo gruppo spalla, ci hanno raccontato di problemi tecnici molto simili a quelli verificatisi mentre Iriondo sculacciava la sua chitarra.
Usciti dall’antistadio Adriano Flacco, abbiamo avuto la fortuna di incontrare un membro interno dello staff degli Afterhours. L’omino Afterhours, dopo aver puntualizzato la volontà della band di risolvere la faccenda nel migliore dei modi per i fan, evitando così anche un danno d’immagine per loro, ci ha spiegato come le modalità di rimborso del biglietto sarebbero state decise dopo aver stabilito le responsabilità dell’accaduto. Siano gli organizzatori dell’evento o il management degli Afterhours, dopo aver stabilito la responsabilità soggettiva di questo disservizio, chi di dovere dovrà risarcire gli spettatori paganti. In caso contrario verrà confermata la mancanza di serietà degli organizzatori del concerto, o l’indifferenza del management della band, obbligati ambedue, secondo le loro responsabilità, a prendersi cura di quelli che sono, prima di tutto, dei clienti insoddisfatti che hanno pagato il prezzo stabilito, senza aver ricevuto il servizio pattuito come controparte dell’accordo.
Allo stato attuale, l’unica comunicazione ufficiale è stata fatta dalla Live Nation (organizzazione spettacoli Afterhours) e replicata dalla Best_eventi (organizzatrice di questo concerto sotto il nome di Pescara Rock):
“Scusandoci per i problemi tecnici del concerto di ieri sera a Pescara, indipendenti dalla nostra volontà, comunichiamo che tutti coloro che sono in possesso del biglietto del concerto di Pescara del 26.7 avranno diritto all’entrata gratuita per il concerto di Afterhours a Roma il 28.7 presso Rock in Roma c/o Ippodromo delle Capannelle. Per avere diritto all’entrata gratuita sarà sufficiente presentare il biglietto di Pescara alla cassa di Rock In Roma e ricevere in cambio il biglietto omaggio per il concerto di domani sera, 28 Luglio.“
Questo comunicato, postato sul Facebook di Pescara Rock e su quello di Besteventi, è stato largamente e negativamente commentato da alcuni degli spettatori paganti del concerto di Sabato sera. Nell’orda dei commenti infuriati e, in alcuni casi, esageratamente accesi, si è fatta avanti l’ipotesi di una Class action tramite il Codacons di Pescara. Oltre alla Class action, dobbiamo tenere presente, da oggi in poi, chi e come gestisce gli eventi musicali nel nostro Abruzzo, premiando quegli operatori che con serietà e professionalità organizzano concerti dei grandi nomi come delle piccole realtà, fornendo un ottimo servizio al pubblico e un buon ricordo ai musicisti, graditi ospiti del nostro territorio. Aspettiamo gli sviluppi di questa faccenda, sperando di poter annoverare la Best_eventi fra i migliori operatori del settore, grazie alla serietà e alla professionalità con cui gestiranno questo contrattempo, sia se saranno considerati i responsabili o le vittime del disservizio dell’altra sera. Uno scivolone può capitare anche ai migliori, tutto sta a rialzarsi nel modo giusto.
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Kvlto, serie di testi legati alle antiche usanze della terra d’Abruzzo sapientemente tessuti da Antonio Secondo. Antonio Secondo, scrittore eremita corredato di tutorial fotografico rispondente all’esotico nome di Antonella Pal. Kvlto #6, sesto appuntamento della serie.
L’arte di Gianluigi Colin nasce dal comunicare le informazioni che persisteranno nella memoria (e nella storia) utilizzando materiali quali carta, giornali, foto, parole dei nostri tempi, che verranno accartocciate o messe in evidenza per sottolineare la comunicazione della realtà.
Nel progetto Interferences all’interno di Visioni 2014, Colin proporrà un programma site-specific elaborato attraverso lo scambio di diverse espressioni: fotografia, installazione, video e multimedia. Colin vuole rappresentare il “caos” di immagini che arrivano da tutto il mondo. Colin ha maturato l’idea e la poetica di questa esposizione durante il suo lavoro di art director per Il Corriere della Sera, lavoro in cui sei a serrato contatto con le rappresentazioni della realtà che arrivano, minuto dopo minuto, da ogni parte del globo.
La fortezza borbonica di Civitella (Teramo)
Le proposte artistiche della Fortezza Borbonica di Civitella continuano oltre le opere di Colin: Visione territoriale è il nome della mostra incentrata sulle ceramiche di Castelli, curata da Giacinto Di Pietrantonio. Questo evento coinvolge l’Istituto di Castelli F. A. Grue e gli artisti Gabriele Di Matteo, Anna Galtarossa, Daniel Gonzàlez, Mark Kostabi, Ugo La Pietra, Alfredo Pirri, Luca Rossi, Matteo Rubbi, Giuseppe Stampone e Vedovamazzei. Questa iniziativa nasce per non dimenticare le famose ceramiche, conosciute in tutto il mondo per la loro bellezza estetica e per le decorazioni. La mostra è anche un tentativo di superare il divario che si è venuto a creare tra la tradizione e la contemporaneità.
Visione Territoriale e Interferences sono due mostre all’interno dell’evento promosso dall’Associazione Culturale Naca Arte e dalla Fondazione Fortezza Abruzzo facente parte del progetto Visioni 2014.
arte in centro, gianluigi colin, fortezza borbonica, corriere della sera
Sono gli anni ‘60, a Roma gli artisti si ritrovano a Piazza del Popolo, al caffè Rosati, e c’è un vero clima di cambiamento. Franco Angeli, Nanni Balestrini, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Gino Marotta, Fabio Mauri, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Salvatore Scarpitta, Mario Schifano, Cesare Tacchi, Cy Twombly e Giuseppe Uncini, ecco gli artisti in mostra, ecco gli artisti che hanno trasformato l’arte in Italia e che hanno trovato sia nella pittura che nei materiali extra pittorici (legno, cemento, metacrilici, plastica, ecc.) il mezzo per raccontarci una loro visione del mondo. A questo serve l’arte! No?
Prima considerazione: guardando alcune opere in mostra (Schifano, Festa, Angeli, Rotella) non cadiamo nell’errore di definirle pop e basta… Non è così! Se in America Warhol svuota le immagini del loro significato (attraverso le ripetizione in serie), in Italia questi artisti lavorano traghettati dal desiderio di raccontare il reale attraverso nuovi codici e non facendosene solo beffa. Pop sta per popular, ma non indica un’arte che è per il popolo, bensì un’arte che prende in giro la massa, l’uomo moderno e il consumismo (ricordate i famosi barattoli di zuppa Campbell’s di Warhol?). E’ estremamente vero che gli artisti della Roma anni ‘60 furono influenzati dalle novità degli artisti americani che in quegli anni arrivavano in Italia (importantissima fu la Biennale di Venezia del 1964, in cui esposero, tra gli atri, Warhol, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Jim Dine e Claes Oldenburg), ma è anche vero che riuscirono a ottenere formule artistiche uniche ed autentiche. Tutti alla ricerca di un nuovo linguaggio, di un segno unico e/o primordiale, della spettacolarità. Monocromi, schermi, foreste, animali, manifesti, simboli di una storia antica, politici, cantanti, attrici, segni geometrici, sgocciolature, citazioni, e ancora, tele, video, installazioni, de-collagès, collages, pitture, fotografie, poesie: in questa mostra c’è davvero molto, in questa mostra c’è l’arte, in questa mostra c’è la storia!
Seconda considerazione (più personale dell’altra): a questo punto farei un torto a qualcuno se mi soffermassi su un artista piuttosto che su un altro? No! Allora ho deciso che in un’epoca in cui si parla tanto di quote rosa e di pari opportunità, dedicherò le battute mancanti di questo breve testo all’unica pittrice in mostra: Giosetta Fiorini (Roma, classe 1932). Il mio è un “omaggio” a colei che ha creato con la sua arte un vero e proprio universo familiare e sentimentale, e che ha concepito l’arte come unica possibilità di sopravvivenza. La Fioroni, ancora attiva nel panorama artistico, nel suo percorso poetico ha scandagliato i volti tratti dalle riviste o dalle immagini cinematografiche, gli oggetti e gli elementi della vita quotidiana non tralasciando mai il disegno. Afferma: <<La mia arte è ancorata alla storia dell’arte, alla tradizione. Nei miei quadri c’è la manualità della pittura, il legame a uno spazio metafisico. È una pittura volutamente a-ideologica. Soprattutto, inseguo un racconto, una narratività. Eravamo coetanei del Pop, ma profondamente lontani da quella cultura.>> [1]
Il seducente volto dell’attrice Elsa Martinelli
Una sua opera in mostra è Liberty (1965, Collezione Jacorossi) in cui emerge il seducente volto dell’attrice Elsa Martinelli che sfonda nel cinema dal 1954 e che, nel 1959, recita nel film La notte brava ispirato al romanzo Ragazzi di vita (1955), sceneggiato da Pasolini. Proprio a Pasolini è ispirata l’altra opera Soldato che piange (1962/63, Collezione Alessandra e Paolo Barillari). Di lui dice: <<L’ho incontrato poche volte, era amico soprattutto di Goffredo (Goffredo Parise è il marito della Fioroni): lo apprezzavo come poeta, ma c’era qualcosa in lui che mi teneva lontana. Ci davamo del lei. Era il 1975 e uscimmo a cena noi tre. La mattina dopo Goffredo e io saremmo partiti per New York. Ricordo ancora com’era vestito, quei jeans aderenti che segnavano il suo corpo magro, il rumore sinistro degli stivaletti di coccodrillo. Si tingeva i capelli e ormai, a furia di tingerli, erano completamente divorati, come stoppa dipinta: “Adesso vado a battere”, ci disse e, di fronte alle nostre domande sulle aggressioni che aveva subito, si tolse il giubbino e sotto la maglietta ci fece vedere una lunga cicatrice provocata da un colpo di cacciavite. “Non vada Pier Paolo, non vada”, dissi forse con una dose di ingenuità. Quando Pier Paolo uscì di casa, Goffredo era esterrefatto e mi disse: “Lo ammazzeranno”. Dopo due mesi fu assassinato. >> [2]
Alto palazzo, altra storia: Alberto Di Fabio (Avezzano, classe 1966).
Immaginate le galassie unite a delle sinapsi, immaginate le montagne unite a colori visionari, immaginate elementi biologici uniti a mondi immaginari…ecco! queste immagini sono le opere pittoriche di Di Fabio. Un mondo, il suo, ricco di colori, di luci, di energia visiva pura: con Di Fabio l’estetica e la scienza vivono all’unisono. E’ interessante conoscere alcuni aspetti della vita privata dell’artista, che effettivamente lo hanno guidato verso quest’astrazione spirituale e scientifica al tempo stesso: <<Essendo nato e cresciuto in un paesino dell’Abruzzo, l‟immagine della montagna rappresenta per me l’elevazione dal mondo terreno, un’immagine di purezza. Poi ho cominciato a leggere i libri scientifici, quelli di mia madre o anche quelli di mia sorella che studiava medicina; da questi copiavo le cellule, il mondo della biologia, della zoologia, della geologia. Dalle visioni paesaggistiche, del macrocosmo, sono entrato “nel magma”: ho cominciato a studiare le varie fusioni minerarie, la composizione dei silici, dei quarzi, dei gas. È stato un insieme di cose… Mio padre era un pittore e scultore astratto. Da quando ero piccolo mi parlava sempre di Malevic, di Mondrian, di Fontana…. Quindi sono nato con questa impostazione “modernista” che si può dire abbia costruito tutto il secolo scorso.>> [3]
Alberto Di Fabio, presentazione delle opere
Informazioni
Le due mostre C’era una volta a Roma – Gli anni Sessanta intorno a piazza del Popolo e Alberto Di Fabio- Paesaggi della mente sono a cura di Laura Cherubini e Eugenio Viola. Saranno aperte dal 12 luglio – 31 agosto 2014- orari 19.00/24.00 (chiuso il lunedì)
Fondazione Menegaz, Castelbasso (Te) – www.fondazionemenegaz.it
Arte in Centro – www.arteincentro.com
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