Il docente spiega che la nostra concezione di Storia è basata sul sistema che comunemente utilizziamo per catalogare concezioni al fine di renderle più semplici: la storia non esiste.
“In antichità” prosegue “i romani non definivano la propria era Impero Romano, era semplicemente la loro contemporaneità”
Quando studiavo Storia nelle scuole dell’obbligo, i testi erano suddivisi per capitoli: c’erano I Sumeri e la Stele di Rosetta, c’erano gli Egizi, i Romani, il Medioevo (Primo e Tardo). C’erano le Guerre. Via via i testi divenivano più approfonditi, ma la classificazione delle epoche era pressappoco sempre la stessa, mutava qua e là di un Cesare o un Cavour.
“In futuro probabilmente catalogheranno la nostra quotidianità in un insieme sempre più generico come noi oggi dividiamo la Prima Rivoluzione Industriale dal Ventennio”
Ogni giorno della nostra vita, ogni ora spesa a far si che quello che siamo possa contribuire a qualcosa, potrebbe volgarmente essere riassunto col termine Prima Rivoluzione Web. Per quanto ne sappiamo, potremmo già far parte del 6000 Avanti Cristo Seconda Venuta e non rendercene conto, anche se dubito vivremo così a lungo. Tutti in classe si fanno i cazzi propri, forse sono l’unico che sta capendo cosa voglia cercare di dirci. MediaEvo, è questo il termine che mi pare più calzante. L’Impero Romano, d’altronde, per noi sono due parole in due secondi, ma è durato cinque secoli. I cittadini del Mondo del 5000 accorperanno ogni cosa dei miei giorni assieme al Muro di Berlino, a Verlaine e Baudelaire, alla Guerra nel Vietnam e alle infezioni da HIV e Aviaria in un unico capitolo da ripetere a memoria davanti ad una cattedra volante. Siamo informazioni da imboccare alle future generazioni, in un mondo dove non esisteranno più “buoni” o “cattivi” studenti, ma dove ogni allievo opportunamente dotato di porta USB potrà assimilare nozioni freeshare a 124000 kb\s. Stesso livello di cultura per tutti. Comunismo didattico.
“Man mano che il tempo si dilata, verranno costrette numeri sempre maggiori di informazioni in catalogazioni sempre più piccole, fino a che un giorno molto lontano, saremo proprio noi il capitolo successivo al Sacro Romano Impero”
I libri di Storia non cambiano forma, 100 pagine sono più che sufficienti per un bambino, quanto per un adolescente. Per uno di ieri quanto per uno di oggi. I piccoli studenti Babilonesi non avevano tavolette d’argilla da venti pagine perchè la loro storia era così attigua alla creazione dell’Universo. I giovani liceali tra cinque secoli non studieranno su volumi spessi 1 metro e 90. Ammesso che di volumi ancora si potrà parlare. E me li vedo in gita scolastica ad ammirare i quadri di Giger sulle piattaforme olografiche con una concezione dell’arte totalmente diversa, fatta di computer grafica e cinema 6D, con scene di amplessi che si concludono con gravidanze reali. Li guardo girare per le ville di Berlusconi come noi si visitano i mosaici di Piazza Armerina o la Reggia di Torino, commentando l’arredamento bislacco e disgustosamente retrò. Mia madre mi chiede come faccio a pensare queste cose assurde quando, a cena, le spiego che vorrei occultare una capsula del tempo.
“E dove?” mi chiede
Già, dove. Il muro lo scarto subito: tra quattro secoli della mia casa non resterà che un cm di intonaco. Seppellirlo magari.
“Non è detto” dice “che un domani riemergerà”
Cerco di spiegarle che non mi interessa che venga ritrovato, perchè comunque non farebbe differenza. Non è quello il punto. Il punto è che dietro ogni epoca o grande uomo del passato c’è un’umanità che non conta un cazzo. E che se neanche Cristo è riuscito ad entrare a far parte di qualcosa allora quel qualcosa non esiste. Perchè ad una civiltà aliena di Cristo non gliene fregherà niente. Allora è la Storia che non esiste. E forse il punto è che la Storia la fanno quelli come me, occultatori di capsule mai ritrovate, che di storia non raccontano quella di miliardi di persone, di costumi e abitudini che variano col tempo, ma solo una. La propria.
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