Intervista: Valentina Di Cesare, Marta La Sarta e la telefonata schianta-nervi

marta la sarta romanzo valentina di cesare
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Sono quasi le otto di sera, sto ancora lavorando al computer, vorrei andare a cena ma la scadenza è vicina, non posso perdere assolutamente tempo e… ecco che arriva una chiamata, puntuale come la bolletta della luce, e altrettanto schianta-nervi.

Guardo il telefono “ oh ca! L’intervista a Valentina, mò non ci voleva proprio!”. Rispondo per rispettare la parola data ma… quanto vorrei continuare a lavorare senza interruzioni, per riuscire poi a mangiare ad un orario decente.

– Ciao Andrea, sono Valentina, come va? – Mah! Dovrei rispondere che sono oberato di lavoro, in preda all’ansia da scadenza e… dovrei dirle, dai, magari facciamo un’altra volta che adesso non ho tempo, ma Valentina è sempre gentile e disponibile, ed ero comunque stato io a dargli appuntamento a quest’ora, sarebbe scorretto e poco professionale rimandare.

– Ciao Valentina. Tutto bene! Io sto un po’ impicciato, ma non mi lamento – Chiudo la frase di circostanza e inizio a far mente locale di quello che le devo chiedere, perché, bellomio, le interviste vanno preparate, per evitare quei grossolani e vergognosi errori da pivello.

– Com’è andato il tuo viaggio? – Valentina Di Cesare è appena tornata dall’Andalusia, dove ha parlato di Marta La Sarta, il suo primo romanzo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del Centro Cultura Italiana di Siviglia. Marta La Sarta è stato infatti tradotto in spagnolo da Agostina Verdini, italiana che vive a Siviglia. La traduttrice è rimasta affascinata dall’ambientazione del romanzo, tra le sue pagine ha assaporato l’Italia, la sua infanzia e quel mondo tranquillo al di là delle angosce del profitto. Agostina Verdini è insegnante al Centro Cultura Italiana di Siviglia.

La fascinazione per Marta La Sarta ha spinto il Centro a adottare il romanzo della Di Cesare come libro di testo. Insomma, pare che questa storia abbia qualcosa da dire anche ai corsisti del Centro. La voce di Valentina è determinata e sincera, come la ricordavo, inizio a dimenticare i miei impegni, e l ‘ansia da scadenza e a godermi la chiacchierata, e ad ogni parola voglio saperne sempre di più!

 

Subcity: ma tu avevi già scritto prima del romanzo?

Valentina: “vengo dal giornalismo culturale, in quell’ambito ho iniziato a scrivere, seguendo un percorso accidentato fatto di lavoro senza retribuzione. Oltre a questo, mi resi presto conto che mi dava fastidio dover raccontare la realtà. Oltre al giornalismo, scrivevo racconti brevi, ma dedicandomici veramente poco. Dovevo superare la vergogna di scrivere. Nel 2012 partecipai, quasi per caso, a Montesilvano Scrive, entrando tra i finalisti grazie a i voti della giuria composta, tra gli altri, da Giovanna Di Lello, Maurizio Di Fazio e Barbara Di Gregorio. Quell’anno il concorso aveva come tema la guerra e io invia “Domani”. Il mio racconto, che poi vinse il concorso, parlava di un fatto realmente accaduto nel Marzo del ’44, a Castel di Ieri: un’irruzione della guardia nazionale fascista, in cui vennero giustiziati un ragazzo diciottenne e un uomo sposato. Il racconto è un’ipotetica lettera del diciottenne scritta in un italiano stentato, visto che il ragazzo era analfabeta.

Come mio solito, non avevo detto nulla ai miei del concorso, perché certe cose me le tenevo per me. Non dimenticherò mai la loro sorpresa nel vedermi il giorno dopo su Il Centro, come vincitrice di un premio letterario.

Subcity: che cos’è la scrittura per te?

Valentina: Per me la scrittura è un’esperienza assolutamente personale, una specie di rifugio. Orazianamente parlando, la scrittura è un’arte consolatoria, una consolazione da folle però, visto che non può essere considerato un momento di felicità.

Subcity: com’è il tuo rapporto con lo scrivere?

Valentina: “per scrivere hai bisogno di vivere. Nei momenti in cui non ti siedi davanti al foglio bianco però devi sapere, in cuor tuo, che stai scrivendo lo stesso.”

 

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Subcity: cosa significa essere scrittrice per te?

Valentina: per la me stessa scrittrice immagino una vita appartata dal troppo rumore, in cui ti vivi le tue 2/3 cose che ami. Però vivere come degli eremiti non ha senso, bisogna fare i conti con i tempi. Sono infatti convinta che in questo momento storico lo scrittore si debba ribellarle al mondo, perché le parole sono fatti, e bisogna assomigliare il più possibile alle parole che si dicono. Attualmente uno scrittore ha un compito, una missione: deve portare alla luce quelle contraddizioni del suo tempo. Gli artisti, e in questo caso gli scrittori, devono assumersi questa responsabilità, per assolvere al loro compito nella società. Lo scrittore potrebbe anche rifiutare questo ruolo, ma risulterebbe un tessitore di parole, mancando nella sua opera la coincidenza tra parole e fatti, ci ritroveremmo di fronte ad opere di puro intrattenimento.

Subcity: tu per chi scrivi?

Valentina: Io scrivo per me, raccontando le mie storie, che son le storie di tutti. Il mio romanzo infatti parla di temi essenziali quali l’amore, la morte, il tempo, il rapporto con i famigliari, tutte sfaccettature della vita che ognuno di noi affronta e in cui può leggere se stesso e la sua contemporaneità. Come mi ha insegnato Giorgio Caproni: il poeta è un minatore che scava scava scava come fosse una miniera, e dentro di sé trova gli altri. In questo senso le mie storie sono anche le storie di tutti. Lo scrittore (e l’artista), deve saper farsi da parte ma fondersi col suo tempo, avendone piena coscienza.

Subcity: perché hai scritto Marta La Sarta?

Valentina: La scrittura di Marta La Sarta è stato un modo per ricordarmi che certi atteggiamenti cinici e sbrigativi sono sbagliati, e non devo, e dobbiamo, caderci. Fare i cinici, pensando che il nostro tempo sia più importante delle persone che lo attraversano, lo ritengo un errore: le persone stressate infatti mancano spesso di gentilezza e tatto verso il prossimo. Dovremmo essere sempre collegati col nostro lato umano, è sicuramente difficile, ma ne vale la pena. C’è una grande paura che serpeggia in Marta e nella sua storia: la mancanza di umanità, di vicinanza. Le persone spesso si credono tutte diverse dagli altri, e spesso migliori, senza ricordarsi che in realtà sono profondamente legate con i loro simili, condividendo con loro l’umanità.

Subcity: prossimi appuntamenti con le presentazioni di Marta La Sarta?

Valentina: Il 5 Novembre sarò ospite al Festival delle letterature dell’Adriatico, presentata da Maurizio Di Fazio, giornalista di Repubblica, L’Espresso e Il Fatto Quotidiano.

Subcity: ciao Valentina e grazie per questa chiacchierata, ci ha risolto la giornata 😉

Valentina: ciao e grazie a te e a Subcity

E chiuso il telefono senti svanire quello strambo umore che ti asfissiava. 45 minuti di telefonata con una scrittrice come Valentina ti rimettono al mondo: la sua storia ha toccato la mia giornata, e continuo per la mia strada, mentre le cose attorno brillano di quella luce viva, e il titolo dell’intervista spunta fuori senza chiedere il permesso: “Abbiamo parlato di cose che NOI umani”!

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Di Andrea Di Nisio

Grafomane a piede libero. Dopo aver sfogliato tutti i Topolino di casa si dedicò al primo libro che gli capitò a tiro: Il Fu Mattia Pascal, un romanzo di de-formazione per un dodicenne come lui. Questa de-formazione lo convinse a cimentarsi con la scrittura: un paio di concorsi di poesie e poi i alcuni arditi racconti su CartaStraccia, fanzine underground. Ha scritto poi di musica per MusicClub e per Newsmag.it, di cronaca, cultura e attualità politica per PescaraOggi e CityRumors, due quotidiani web. E per il resto? Scrive contenuti per il web e cura blog aziendali.