Omosessualità e teoria Queer: intervista ai ragazz* della Mala Educacion.

Intervista Mala Educacion
Intervista Mala Educacion, Andrea Di Nisio.

Nel vociare di un bar pescarese, accarezzati dal sole primaverile, abbiamo fatto due chiacchiere con Anna e Simone, ideatori e propulsori instancabili del collettivo La Mala Educacion, gruppo unitosi per rispondere alla necessità di approfondimento culturale sulle tematiche dell’omosessualità, delle discriminazioni sessuali e dell’omofobia, con l’idea che informare e far riflettere su determinate tematiche porti a un cambiamento negli orientamenti culturali dei singoli, e quindi della società che tende, spesso inconsciamente, a discriminare il diverso, il non categorizzabile e il non conforme.

Ciao ragazz*, partiamo da una semplice quanto necessaria domanda: Che cos’è la Mala Educacion?

Ciao a te e a tutti gli amici di Subcity, la Mala Educacion è un collettivo politico di riflessione sulle tematiche LGBTQI che abbraccia la teoria Queer nell’ottica di decostruzione del sistema dei generi. Il nome Mala Educacion deriva dal film di Pedrò Almodovar e l’abbiamo iniziato ad usare dopo il cineforum organizzato all’interno dell’Università D’annunzio di Chieti. Il cineforum trattava, come si intuisce, tematiche omosessuali. In quell’occasione ci siamo stupiti della grande partecipazione degli studenti e del loro vivo interesse nei confronti degli aspetti relativi alla discriminazione sessuale, di genere  e omosessuale. La partecipazione ai cineforum e ai dibattiti che li seguivano è stata molto ampia e vivace. Durante e dopo le proiezioni parlavi sia con persone che vivono la discriminazione sulla propria pelle sia con quelli che, pur non essendone oggetto, la percepiscono e la osservano negli ambienti in cui lavorano, studiano o si divertono. Questa sentita e ampia partecipazione, molto rara all’interno del nostro Ateneo, ci ha entusiasmato e ha rafforzato la nostra convinzione riguardo la necessità di affrontare determinate tematiche. Tutto questo dibattere e partecipare ha quindi confermato il movente alla base del nostro collettivo: la mancanza di un approccio adeguatamente critico alle tematiche omosessuali e del movimento LGBTQI, la voglia di aggregarsi attorno a questi argomenti e la volontà di molti omosessuali di uscire dalla ghettizzazione.

Queer? Cosa significa Queer?

Il termine Queer nasce viene utilizzato da Teresa De Lauretis assieme al termine “theory” negli anni ’90. L’espressione si diffonde nel mondo anglosassone e in inglese indica una “persona particolare”, “strana”, “eccentrica”. E’ una parola nata dalla strada per indicare in maniera dispregiativa gli omosessuali e corrisponde, più o meno, alla parola italiana frocio o finocchio. E’ un‘etichetta affibbiata agli omosessuali per disprezzare la loro diversità. Il movimento LGBTQI ha reagito all’uso dispregiativo di questa etichetta iniziandola  ad usare a rivendicandola come propria, in modo da sottrarle il suo significato negativo. La definizione queer è di natura inclusiva, essendo capace di riunire identità altrimenti diverse (gay, lesbica, transessuale e bisessuale),  accomunandole attraverso la rottura dei tradizionali ruoli di genere e dell’eteronorma.

Come La Mala Educacion è arrivata alla teoria Queer?

Il primo passo del nostro cammino è stato guardarci attorno e dialogare con le realtà associative presenti sul territorio teatino e pescarese quali Jonathan diritti in movimento, ArciGay Pescara e ArciGay Chieti. Dopo aver conosciuto il contesto abbiamo deciso di avviare un discorso autonomo all’interno dell’Università di Chieti. Il filone istituzionale del movimento omosessuale e gli argomenti cardine di quella parte del movimento quali diritto al matrimonio, all’adozione, alla famiglia, sebbene siano stati un necessario punto di partenza, non erano quello che cercavamo. Non volevamo riflettere solo su questi argomenti. In un’ottica Queer, ci sembrava che questa parte del movimento rivendicasse la conformità degli omosessuali alla famiglia tradizionale e alla “normalità” etero. Questo approccio, chiamato familismo gay, non ci soddisfaceva, noi volevamo andar più in là della semplice adesione alla “normalità” eterosessuale, rivendicando un ruolo e una specificità omosessuale diversa e non conforme all’eterosessualità o eteronorma. A questo punto abbiamo preso in considerazione la teoria Queer, un filone di studi e di pratiche che va ben al di là della semplice richiesta del diritto ad essere “come gli eterosessuali” o eteronormati.

Che cos’è, quindi, la teoria Queer?

La teoria Queer riesce per la prima volta ad includere in se una moltitudine di soggetti, quali le lesbiche, i gay, i bisessuali, i transessuali, gli intersessuali, i transgender. Teresa De Lauretis ha utilizzato questo termine per individuare e scardinare la matrice del pensiero occidentale che tende a classificare le sessualità in base alla costruzione di categorie oppositive quali uomo-donna, eterosessuale-omosessuale. La società e la cultura occidentale hanno cercato e cercano sempre di incasellare l’individuo in categorie di genere oppositive: si può e si deve essere o uomo o donna, o omosessuale o eterosessuale. Questa classificazione si rivela in realtà un sistema repressivo della libera espressione e della sessualità della persona. La sessualità è un’entità fluida e in continua evoluzione, basata sul percorso di vita del singolo individuo. La sessualità è infatti difficilmente confinabile in un’etichetta o in una definizione capace di prendere in considerazione le varie sfumature. La teoria Queer agisce per evitare che le persone vengano definite in base al ruolo di genere e delinea una rottura che tende a distruggere il concetto di della “normalità”, intesa come lettura della sessualità (e quindi del genere) secondo la sola opposizione di ruoli uomo-donna e gli stereotipi riguardo questi ruoli in cui anche gli omosessuali tendono a conformarsi.

Quali sono gli stereotipi uomo-donna che l’omosessuale tende e riprodurre per imitazione?

I due stereotipi classici dell’omosessuale sono  il gay effeminato (la checca) e la lesbica maschia. Questi due modi di essere omosessuale ricalcano, spesso inconsciamente, lo stereotipo della donna  e dell’uomo dettato dalla cultura dominante. Queste considerazioni ci hanno svelato il peso dei ruoli di genere imposti dalla società che, prima di toccare gli omosessuali, influenzano le esistenze dell’uomo e della donna. La teoria queer, infatti, decostruisce innanzi tutto i ruoli di genere raccolti sotto la categoria di “donna”  e di “uomo”, alla stessa maniera subdolamente repressivi. Le conseguenze di questi ruoli repressivi sono facilmente rintracciabili nel nostro quotidiano, un esempio su tutti: un uomo che perde il lavoro è un disoccupato, spesso “un fallito” che non “porta il pane a casa”, mentre una donna che perde il lavoro e sta a casa è una casalinga modello. Questo ci fa capire che addosso a noi la cultura dominante costruisce, in base al nostro sesso maschio o femmina, il genere uomo o donna ossia un insieme di comportamenti adeguati al ruolo di uomo o di donna dettati dalla società tradizionale.

Potete spiegarci la separazione tra il sesso e il genere?

Il sesso (sex) è il tipo di apparato riproduttivo di un individuo e il genere (gender) è il ruolo che la società cuce addosso a questo individuo in base al fatto che abbia un pene o una vagina. Per esempio, tu nasci maschio perché hai il pene, quindi ti viene affibbiato il ruolo di maschietto, sarai quello che ha il fiocco azzurro, giocherai con le macchinucce e con gli attrezzi da meccanico, questo è stato deciso per te. Mentre la femmina che nasce con la vagina avrà il fiocco rosa, giocherà con hello kitty, con la lavatrice, con la cucina e con il ferro da stiro. Noi siamo culturalmente abituati, sin dai primi giorni di scuola, a pensare che esistano solo questi due generi: uomo e donna. La teoria queer spiega come queste categorie siano in realtà soltanto costruzioni culturali, con un rilevante peso sociale.

Qual è il punto di vista della teoria Queer sui ruoli di genere?

La premessa della teoria Queer infatti parte dalla considerazione  che non è possibile attribuire un ruolo specifico nella società in base alla conformazione fisica dell’individuo. Questo “ruolo di genere” risulta repressivo perché indica come ci si deve relazionare con gli altri sessi, come ci si deve comportare in società e cosa si deve e non si deve fare in base alla conformazione fisica con cui siamo nati. Questa teoria mette in evidenza, otre alla repressione del soggetto gay e lesbica, la profonda discriminazione nei confronti dei soggetti che escono totalmente fuori dallo schema oppositivo uomo-donna, quali gli intersessuali, i transessuali, i bisessuali.

Quali sono quindi i soggetti più discriminati dall’imposizione dei ruoli di genere uomo-donna?

I soggetti più discriminati e su cui ci stiamo concentrando al momento a livello di studi e di attività sono quelli che non riescono ad entrare nei due generi precostituiti maschile e femminile: il transessuale, che oggi vive una fortissima discriminazione sociale dal punto di vista medico, perché può ritrovarsi in strutture sanitarie in cui non viene riconosciuto il suo profilo psicologico e fisico o, addirittura, in strutture mediche in cui la transessualità è considerata un disturbo mentale.

Ci spiegate chi sono gli intersessuali e come vivono in Italia?

Intanto diciamo che gli intersessuali sono i soggetti più discriminati. A questa categoria appartengono tutti quegli individui che nascono con entrambi i sessi. Questi soggetti rompono nei fatti la distinzione maschile/femminile legata all’apparenza dell’apparato genitale, perché presentano, spesso sin dalla nascita, entrambi gli apparati riproduttivi esterni quindi hanno sia un’apertura vaginale che il minipene, o clitoride ipersviluppato. Il destino di questi soggetti è segnato appena si scopre la loro intersessualità: vengono subito affidati agli ospedali e curati, spesso tramite operazione, per riportarli forzatamente all’interno delle categorie sessuali riconosciute, maschio/femmina. Il paradosso è che proprio questi che la cultura dominante definisce “malati” vanno a distruggere il concetto di naturalità,  mettendo in discussione la dicotomia maschio-femmina su cui si basa tutto il meccanismo repressivo, proprio perché è la stessa natura che fa nascere un soggetto che non è ne’ maschio, ne’femmina.

E poi che succede? Che fine fanno gli intersessuali ospedalizzati?

Questi soggetti spesso vengono operati e “corretti”, fatti diventare o uomo o donna, in base alla potenziale capacità di essere maschi o femmine. Questa potenzialità viene stabilita tramite analisi cromosomiche che indicano la capacità dell’intersessuale di essere femmina o maschio in relazione al funzione riproduttiva. In sostanza prima dell’operazione tendono ad accertarsi se il soggetto avrà un pene o una vagina adatti alla penetrazione e alla riproduzione. In ogni modo l’intersessuale viene patologizzato per essere incasellato nella “normalità” sessuale, in base alla quale poi gli verrà affibbiato il relativo “genere”, senza la possibilità di viversi serenamente il suo corpo e il suo essere intersex.

I transessuali e gli intersessuali hanno dei problemi a livello legale?

Purtroppo si, perché in Italia come in Europa il sistema giuridico non riconosce il terzo sesso o l’identità di genere, puoi essere o uomo o donna. Infatti, solo se si affronta l’operazione e si diventa sessualmente o uomo o donna, ci si può veder riconosciuti dalle autorità il proprio sesso. Ci sono moltissime persone, quali i trans-gender che mantengono il proprio apparato riproduttivo ma si definiscono di un altro sesso ossia che decidono di cambiare “genere”, pur mantenendo il proprio apparato genitale di nascita. Questa loro identità di genere li costringe di fatto a presentarsi come una donna, ma a avere un nome da uomo, dei documenti da uomo, con tutti i problemi e le situazioni spiacevoli e discriminanti che questo può comportare nella quotidianità, sul posto di lavoro come durante qualsiasi controllo d’identità.

Grazie per la vostra disponibilità, ci vediamo fra pochi giorni all Queer Week da voi organizzato all’?università D’Annunzio di Chieti.

Grazie a voi e a presto.

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Di Andrea Di Nisio

Grafomane a piede libero. Dopo aver sfogliato tutti i Topolino di casa si dedicò al primo libro che gli capitò a tiro: Il Fu Mattia Pascal, un romanzo di de-formazione per un dodicenne come lui. Questa de-formazione lo convinse a cimentarsi con la scrittura: un paio di concorsi di poesie e poi i alcuni arditi racconti su CartaStraccia, fanzine underground. Ha scritto poi di musica per MusicClub e per Newsmag.it, di cronaca, cultura e attualità politica per PescaraOggi e CityRumors, due quotidiani web. E per il resto? Scrive contenuti per il web e cura blog aziendali.