Intervista a “quel diavolo” di Massimo Di Michele

Colafella disegna Massimo Di Michele
Illustrazione di Massimo Di Michele, Faust Marlowe Burlesque

Massimo Di Michele è quel diavolo che vedete in scena e alla regia di Faust Marlowe Burlesque, spettacolo teatrale scritto per Carmelo Bene e Franco Branciaroli nel 1976 e sino ad ora mai più messo in scena, fino alla coraggiosa messa in scena in chiave moderna del “nostro diavolo”, abruzzese doc e romano di adozione.

Ciao Massimo, documentandomi su di te in rete ho trovato molti spunti che mi hanno incuriosito. Partiamo dal tuo inizio di carriera nella periferia della provincia italiana, a molti nota come Pescara: cosa vorresti tenere per sempre nella tua memoria e cosa vorresti dimenticare con una risolutiva botta in testa della tua formazione al Laboratorio Danza diretto da P. Di Fulvio?

Patrizia Di Fulvio è stata una persona molto importante nella mia vita perché mi ha fatto conoscere il teatro e mi ha consentito di comprendere quanto fosse un mestiere difficile e impegnativo.
Credo di poter affermare senza tema di smentita che Patrizia sia, in Abruzzo, una delle persone più preparate. Quindi, onestamente, non cancellerei nulla di quella esperienza e, anzi, la rifarei da capo volentieri.

Nel tuo personale percorso da attore/regista, hai incontrato qualcuno che potresti definire un “Maestro”?

Tutti sono stati “maestri” per me, perché in questo mestiere non si è mai “arrivati” e, quindi, ogni singola esperienza, comprese quelle negative, mi hanno lasciato insegnamenti di vita e di lavoro. Poi, chiaramente, ci sono alcuni giganti del teatro che hanno segnato in modo indelebile la mia formazione.
Fra questi Luca Ronconi occupa una posizione preminente. Ma ve ne sono, chiaramente, anche altri: Elena Bucci, Giuseppe Tornatore e Emma Dante sono altre figure fondamentali.

Potresti spiegare ad un lettore a digiuno di teatro come utilizzi il corpo e la corporeità nell’allestimento dei tuoi spettacoli?

La fisicità è importantissima: prima del linguaggio della parola, c’è il linguaggio del corpo. Non puoi pensare di recitare Shakespeare come se fossi “l’uom di sasso” di mozartiana memoria.

Cosa ti ha spinto a lavorare su uno spettacolo così complesso?

Come regista sono sempre stato attratto da testi difficili, a volte quasi incomprensibili, ma ricchi di suggestioni e spunti di riflessione. Penso non solo al Faust Marlowe Burlesque ma a Besame Macho di Villora, o a uno dei capolavori di Pasolini, Orgia. Ma ce ne sono anche altri.
Nel Faust il gioco di seduzione reciproca, di scambio identitario fra i personaggi è un elemento di grande suggestione, sia recitativa che scenica.
Spesso utilizzo il testo come un “contenitore” delle mie emozioni e della mia immaginazione, una tela bianca da dipingere e opere così complesse consentono di esprimere queste sensazioni.

Da una provincia da un’altra: raccontaci la tua prima volta al teatro Marrucino di Chieti, tua città natale?

È stata un’emozione infinita: recitare nel luogo dove sono nato mi ha intensamente commosso.
Poi ti confesso una cosa io ho sempre paura del pubblico, sempre, che sia la prima o la 130esima replica. Ma recitare in un Teatro pieno zeppo di persone che mi conoscono da bambino lo ammetto, TREMAVO. E’ stata dura pero’, sono 22 anni che faccio questo Mestiere, e sono anni che provavo insistentemente a portare un mio lavoro a Chieti, non mi hanno mai ma mai cagato, si puo’ dire?
L’ho detto!
Chieti è una Citta’ piena di risorse, piena di Cultura, ma nessuno lo sa, prima o poi lo scopriranno, spero!

 

Colafella disegna Massimo Di Michele
Illustrazione di Francesco Colafella: Massimo Di Michele

In una recensione il tuo Faust Marlowe Burlesque viene definito “uno spettacolo famelico e discontinuo sull’attualità e le forme del narcisismo”. Puoi dirci qualcosa di più su quanto il narcisismo: giochi un ruolo fondamentale nella tua messa in scena e sul narcisismo di noi contemporanei?

Non mi sento certo Petronio Arbiter Elegantiarum. Il testo in sé si basa sulla seduzione reciproca dei personaggi e per sedurre occorre anche essere narcisi.
Il mio rispetto del testo, però, è tale che, se avessi voluto giocare solo sulla fisicità e il narcisismo, avrei messo in scena lo spettacolo con gli attori quasi interamente svestiti. Ma non era certo questo l’obiettivo.
Al contrario, l’obiettivo è quello di far risaltare il fatto che la seduzione di satana sull’uomo, ma anche dell’uomo sull’emissario del demonio, si basa sullo sguardo e sulla parola, non sul fisico.

Nelle note di regia dici “il mio lavoro sarà incentrato sull’”abitare i nostri corpi”, luoghi, a mio avviso, sempre più colonizzati dall’esteriorità. Puoi spiegarci meglio cosa intendevi con quella espressione?

Il lavoro sulla fisicità si basa sul “teatro-danza”, quindi su un’espressione artistica complessa che richiede di affiancare, anzi, quasi di anteporre, il corpo nella sua espressione più gioiosa veicolata dalla danza, alla parola che ad esso consegue.
Non sono un ballerino, quindi, questo approccio va fatto con la più sentita umiltà.

Quando l’umiltà, caratteristica tutt’altro che mefistofelica, deve lasciare il posto alla sicurezza nei propri mezzi di regista e di attore per riuscire bene nel tuo mestiere?

L’umiltà deve essere sempre presente. Ma, come diceva Ronconi, “in teatro la democrazia non esiste”: è il regista che deve decidere, che ha in mente la resa scenica dello spettacolo, quindi dall’analisi testuale, alla resa sul palcoscenico.
Devi trasmettere un messaggio allo spettatore e questo non si può fare se non hai l’umiltà nell’approccio al testo ma anche se pensi di governare lo spettacolo come fosse il Parlamento.
In poche parole, grande liberta’ agli attori di proporre e stimolare la mia fantasia, di base c’è uno scambio, forte intenso, fra me e gli attori. Pero’ con garbo e umilta’ la decisione finale è mia.

Il Teatro e la vita quotidiana, l’essere artista di Massimo Di Michele?

Non porto a casa il lavoro e la casa al lavoro. In teatro sono un attore e un regista. A casa e nella quotidianità sono Massimo Di Michele: esco, faccio la spesa al mercato, prendo i mezzi pubblici. Insomma, sono una persona come tutti. L’unica, ovvia, concessione è che a casa studio e preparo gli spettacoli. Ma per il resto, la vita è una cosa e il teatro è una parte di essa. Non amo quelli che mi definiscono “Artista”, sono semplicemente uno che ama follemente il Suo Mestiere, e cerco in tutti i modi di non identificarmi in quello che faccio.

Cosa rovina questo Mestiere?

L’ego. E’ fondamentale prendersi per il Culo, sempre, sempre…
Oddio si puo’ dire Culo??? L’ho detto!

In conclusione, quindi, hai detto che il teatro è parte della tua vita. Senza scadere nella banalità e nella retorica, cos’è per te il teatro?

È il “luogo” dove possiamo ottenere risposte di ogni genere: il luogo in cui tutto può avvenire, tutto è possibile, tutto è probabile.
Il luogo in cui tempo e spazio possono non esistere e l’immaginazione disegna forme a noi conosciute e sconosciute, ricordi, esperienze, invenzioni e, anche, assurdità.
È quel luogo dove ci si può fermare “in meditazione” e, fermandosi, essere in movimento dentro il “sé”, è un luogo di pura creazione, in cui restare sospesi nel proprio sogno, luogo di ascolto, di silenzio, di suono, di caos e di ordine, di risposte immediate.
In Teatro e nella Vita bisogna Ridere perchè sono un gioco, altrimenti che senso ha???
Quindi buona Vita a Tutti e con un gran sorriso, sempre!

Buona vita a te Massimo e a quelli che ci leggono, grazie per la tua disponibilità

Grazie a voi

Per le prossime date di Faust Marlowe Burlesque potete consultare il sito di Massimo Di Michele
Intervista realizzata da Andrea Di Nisio e Francesco Colafella
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Di Francesco Colafella

Nato nel 1979. Ho frequentato l’Accademia del Fumetto di Pescara (SFP). Credo nelle „contaminazioni“ e cerco di assecondare le mie passioni.. Spero di restare curioso nei confronti del mondo ancora per un bel pezzo..