Ecco il sesto appuntamento con il Lemmario dell’Abruzzo Immaginario, l’enciclopedia sbalestrata del Marco Taddei: “oggi mi sono ricordato che l’Abruzzo è patria di grandi scrittori oltre che di immani monti e laceri valloni senza spirito. Eccone uno:”
Ignazio Silone (1900-1978) (indicazione biograf. ) Scrittore, drammaturgo, vigoroso intellettuale | Molte località abruzzesi si disputarono i suoi natali almeno fino al 1984 anno in cui la comunità di Pescina (Aq) appose sul frontespizio di una casa a due piani del corso principale, mettendo fine con arcaica risolutezza a deplorevoli rimpiattini, una lapide commemorativa che riporta ancora oggi la dicitura Casa natale del dott. Ignazio Silone. OPERE Molte le opere, ma tra tutte ricordiamo La Baita dei Vermi (1913), scritto interamente in stato febbrile, di cui riportiamo il famoso seppur inedito Capriccio con Dio, il Diavolo ed in mezzo l’Abruzzo:
“Un giorno il Diavolo camminava per la dannatissima creazione. Guardava a destra e a manca e tutto si torceva perché di quel bel mondo lì nemmeno una zolla, un pozzo, un ramo di un albero era suo. Si bloccò però quando si trovò innanzi agli occhi una terra aspra, spoglia ed agra. Scarna, scabrosa e stanca come se il creatore l’avesse presa a martellata per mille anni e più e l’avesse lasciata non finita a prendere le intemperie, buona sola ad offendere l’animo di chi la guardava. E il Diavolo proprio il Creatore subito chiamò perché come dire, per chissà quale arronzata fìlia, se n’era innamorato. “Ecco Egli ha fatto questa regione in modo che m’apparisse come la terra promessa. Ora io non so come ma la devo avere.” E vedendo il Creatore, o Dio che dir si voglia, che arrivava gli fece subito: “Beh oggi sono in vena d’affari. Ti propongo di accollarmi questo scoglio di dannazione sul groppone. Vendimi questo pezzo di terra che tu hai lasciato all’abbandono e in cambio potrei ammettere tutti i miei torti e ripulire così i nostri vecchi ruggini. Veh che ti allungo la mano per sancire il patto.” “Vecchia volpe, quanto tempo!” gli fece Dio in vena di sollazzi “Questo grumo di terra che così tanto ti fa stravedere non l’ho abbandonato affatto, l’ho solo creato in questa veste per un motivo specifico. Mi son detto: in tutto il creato dovrà pur esserci una sfera, un territorio, una nazione che risponda per filo e per segno alla bella figura retorica di Valle di Lacrime. Ed ecco qui, io che ci so fare, ecco che ho fatto la vera e propria Valle di Lacrime, la res Valle di Lacrime.” “Caspita t’è uscita assai bene. Ci sono i monti, ci son le valli, e vedo le lacrime, ovunque in ogni coso animato che hai messo a roccambolare per questi monti e per queste valli.” “Bravo e allora deducine che questo posto non è in vendita ma anzi è vetta, punta, crema della mia audacia artistica, testimonianza assai bella e vivace dell’ illimitatamente nefasto e dell’ illimitatamente invivibile. E’ terra di nessuno – seppur sempre mia – e, aggiungo, senza Dio – permettimi questa punta d’ironia. L’ho chiamato Bruzzo o Abruzzo se hai problemi di pronuncia.” “La voglio. Giochiamocela ai dadi.” proferì il Diavolo, fin troppo ringalluzzito da quella prosopoea. Dio si grattò quella rama barbaccia che si porta appresso dall’inizio dei tempi e con gli occhi che gli si eran fatti assai luminosi disse: “Ti dirò.” “Dimmi dimmi.” “M’annoio a morte di questi tempi.” E quindi quindi?” “Una giocata ci starebbe quant’è vero che io son Dio!” “Ah perfetto! Usiamo questi uomini… facciamone poltiglia e con le ossa e le midolla ecco che faremo dei perfetti dadi da giuoco.” Dio disse: “Mi sembra giusto.” Il diavolo allungò l’artiglio e sganassando lo sganassabile mise in pratica quanto detto. I dadi erano fatti. “Bene bene giochiamoci l’Abruzzo, allora.” fece il Diavolo inarcandosi come un gatto che guarda una trottola. “D’accordo se vinco io l’Abruzzo rimane a me, se vinci tu l’Abruzzo viene a te.” Ma il Creatore che sapeva bene la statura del giocatore con cui s’era messo aveva adeguatamente incrociato le dita dietro la schiena mentre affermava i termini del patto. E a ben ragione. Infatti lanciarono i dadi cento volte e tutte e cento le volte il Diavolo vinse. Alla fine del giro quello esulta e dice: “Per la barba di Bafometto e tutti gli stantuffi dell’inferno messi assieme! Ho vinto io, vecchio caprone! Passami l’Abruzzo per quanta è vera la dannazione!” Il Creatore allora prese a ragliare, pregustando l’ennesima presa in giro di quello sfortunato. “Che cosa ridacchi, stupido puzzone?” sbarbettò il Diavolo, sospettando amaramente già qualcosa. “Ah ah ah ora capisco perché pure i contadini riescono a metterti in bottiglia!” E gli mostrò le dita incrociate che teneva dietro la schiena. E il diavolo rimase desolato e zitto per un istante a fissare quelle due dita e poi si gettò a terra scalciando come se l’avesse preso al lazo l’apostolo Pietro in persona. “Non ci credo! M’hai fregato! T’ho vinto cento volte ed ora non mi tocca niente di niente. Che tu sia dannato e non io, che non ho neanche un buco, una tana, una baracca. Ma non finisce qui. Io questo Abruzzo me lo frego, pezzo per pezzo ma mi ci faccio casa. Mi servissero mille e mille anni! Altro che Valle di Lacrime te lo trasformo in Piana di Armagedoon, in Stalla di Satanassi, in Albergo degli Sfranti. Non volerà una mosca senza che ci sarò io a cavalcarla, non si piegherà un fil d’erba che non sarò io a tirarlo giù, attaccherò maledizioni ad ogni coda di mucca, cavallo e caprone, non si perderà pecorella che non sarò io a sospingerla verso il baratro, non cadrà goccia dalla fonte che non l’ammorberò io con la frenesia, riempirò di grotte i colli e di orsi i monti, le bestie selvagge si mangeranno pupi e paperi, papi e contropapi farò crescere ed alleverò io personalmente in questi cantoni, le folle cocciute come asini modellerò e ad andar in giro a piedi scalzi le sobillerò. E le stelle splenderanno come un firmamento più che negli altri quarti solo per indebolire nelle bestiole animate la congettura che esse debbano avere di te e dei tuoi stupidi precetti. Non sorgerà arte, non sorgerà speranza, non sorgerà utopia che non abbia dentro il mio zampino! E prometto che questo posto lo gemellerò, con o senza il tuo consenso, con lo Stige e l’Acheronte, e con l’Inferno tutto se mi sarà possibile! E tutti gli uomini staranno lì per lì a chiedersi chi sia io e chi sia tu, dove finisca la tua giurisdizione e dove cominci la mia, tante sfortune gli consegnerò. Io e solo io mi piglierò la responsabilità di questo secco, vuoto, bastardo reame! Starò qui. Un passo dietro al confine. A lanciare improperi, bestemmie, anatemi, a scomunicare uno per uno gli uccelli nei cieli, le talpe nella terra, i pesci nei fiumi, i fedeli che ti si filano durante le sante, santissime messe. Ed ad ogni prete farò roteare gli occhi come ad una capra moribonda. E coprirò questo bel paese di un coperchio di tale piombo che lo farò ribollire nella nequizia fino a smidollare via la più tenue tracce di gioia, sollazzo e curiosità dalle sue genti. Va bene?” “Fa pure, io non ti stavo nemmeno a sentire.” E fu così che nacque l’Abruzzo come lo conosciamo oggi.
MORTE I.S. Muore in orbita nel 1978. Le sue ultime parole sono: “Lunga vita al partito comunista.”