A L’Aquila sequestrati 800 balconi: come riscatto chiesto un attico e quattrocento verande in piccolo taglio.
No, seriamente: avete visto che porcheria?
Dopo il balcone precipitato dal secondo al primo piano (e se non c’è stata una tragedia è stato per puro caso: chi si affaccia, col cazzo di freddo che fa già, a L’Aquila?) è stata avviata una ampia indagine e attuate diverse perizie, che hanno portato a questa decisione.
I balconi erano costruiti con legno incollato, senza bulloni. Che manco sarebbe stato un problema, avessero usato Attak e non la colla vinilica (maledetto Giovanni Muciaccia!).
A pensarci bene però quella costruzione “allegerita” ha una sua logica. Cioè, ma cosa pretendevate, da case di sabbia? Ovvio che non avrebbero retto balconi con parti di acciaio. Anzi, già è troppo non fossero in marzapane.
La ricostruzione ha seguito una sua strada coerente. Sapete che le pareti interne sono in carta da zucchero? E il tetto? Totalmente cabrio (d’estate è una figata, su).
L’azienda che si è occupata di queste costruzioni è stata da tempo dichiarata fallita e ha ricevuto diversi avvisi per reati quali bancarotta fraudolenta e truffa. Ma un encomio circa la capacità di creare enormi origami abitabili.
Credo che gli abitanti de L’Aquila abbiano già dato, quanto a tremolii e crolli, per consentire a questa gente di costruire case delle bambole.
Proporrei come pena non la detenzione ma i domiciliari proprio nelle case da questi costruite, con obbligo di ora d’aria sugli stessi balconi. Ve l’immaginate, che cazzo di tortura per questi, pietrificati su quei balconcini? Al primo movimento, refolo di vento, cacata di piccione SBADABAM! Tutti giù per terra!
Sarebbe un degno contrappasso.
Testo liberamente tratto dal seguente articolo di cronaca
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